Bartsch, 1811, XIII,228.2 (Mantegna); Hind, 1948, V, 20.11; Washington, 1973, p. 206, n° 79; Boorsch-Christiansen-EkserdJian-Hope-Landau, London 1992; 30, pag. 185
Prova argentea su una carta che non presenta filigrana, come spesso accade per le stampe italiane. La carta ha un aspetto particolarmente sano, caratteristica non scontata per le incisioni primitive italiane.
Completa di tutta la parte incisa e con qualche millimetro di abbondanza oltre i segni incisi su tre lati, mentre il bordo superiore è manchevole di 3-4 millimetri di parte bianca.
La conservazione può dirsi immacolata in considerazione dell’epoca, dell’origine geografica del bulino e della dimensione dell’opera, sebbene in alcuni punti vi siano dei minuscoli assottigliamenti al verso. Una stampa italiana di questo periodo così ben conservata è davvero rara a trovarsi.
Fino alla grande mostra del 1992 dedicata ad Andrea Mantegna, tenutasi prima a Londra e poi a New York, questo soggetto era attributo alla mano di Andrea Mantegna, poi derubricato a Giovanni Antonio da Brescia per l’esecuzione incisoria. Il disegno preparatorio di Andrea Mantegna, perduto, ha dato origine a tre diverse versioni incisorie, fra cui questa in esame, considerata una fra le più riuscite, e distinguibile dalle altre per la presenza di soli tre uccelli anziché quattro.
Pur realizzata al bulino da mano diversa da quella del Maestro, l’esecutore ha proposto non solo il prototipo fornito da Andrea Mantegna, ma anche lo stesso metodo incisorio, vale a dire le stesse linee sottili e allungate per ottenere certi effetti e gli stessi segni larghi e corti per i tratteggi che conferiscono la tridimensione delle figure e degli oggetti. Caratteristiche che dimostrano la stretta collaborazione fra ideatore ed esecutore dell’opera.
Questo soggetto è stato probabilmente intagliato al verso della matrice della “Flagellazione di Cristo” dal medesimo autore.